Articolo a cura di Maria e Mariano Avanzo

Tratto del notiziario semestrale L’Amministrazione Informa

Comune di Pieve Tesino – dicembre 2019

 

San  Sebastiano I POPI

Questo sperone di terra segna, per la storia di Pieve, un punto di incontro che non è andato mai diminuendo o illanguidendo nel ricordo, nell’interesse, nell’attaccamento che ogni pievese prova per il suo colle, specie dopo che si decise, nel 1881, di far nascere una associazione che avesse come obiettivo quello di rendere verde la nuda roccia che affiora tuttora nella parte esposta a sud. Non si hanno informazioni di quale denominazione fosse stata data al colle prima che sullo stesso sorgesse una chiesa, voluta dalle comunità di Pieve e Cinte, dedicata ai Santi Sebastiano e Fabiano. Risulta  da documenti che quella di San Rocco, voluta dagli abitanti di Castello qualche anno dopo quella di San Sebastiano, sorse sul Colle chiamato Grande. Quando venne costruita la chiesa di San Sebastiano e Fabiano? Per quale motivo e a quale titolo venne dedicata ai due santi? Il Montebello, nel suo testo ricchissimo di informazioni sui nostri territori, intitolato Notizie storiche topografiche e religiose della Valsugana e di Primiero riporta notizie sulla Chiesa di San Sebastiano…di là non molti anni ci fu in Tesino la peste e l’anno 1479 dalle Comunità (Pieve, Castello e Cinte) fu fatto voto di ergere una chiesa campestre sotto l’invocazione dei Ss. Martiri Fabiano e Sebastiano, e di San Rocco subito, che la peste fosse cessata. Nel’700 la stradina che portava sulla sommità  del colle tramite una ripida salita ed una breve gradinata, fu arricchita dalla presenza di due statue che i pievesi ancora oggi chiamano con il termine affettuoso di “popi”. Sono San Francesco sulla sinistra di chi sale e che mostra – è ben difficile essere precisi perché il tempo ha corroso la fragile pietra – una croce, o un giglio. Secondo la tradizione il santo tiene sempre in mano un crocefisso, oggetto di adorazione. Sulla destra si erge Sant’Antonio che regge un libro. La tradizione iconografica di solito gli mette in mano un giglio bianco, simbolo della verginità. Molto interessante la parte scritta in latino che sta sotto che ci indica l’anno e il committente: “anno Domini 1736 Comu.tas P.Tesini ergo hoc opus fieri iussit!. Fu dunque la Comunità tesina che nell’anno del Signore 1736 pensò di porre queste due statue sopra un robusto piedistallo a metà della salita al colle, forse per custodire e rendere più sacro il luogo ai devoti  che volevano raggiungere la sommità. Nessun documento indica che fossero parte di un portale o di un arco. Come già detto, sono di pietra grigia che ha subito pesantemente le ingiurie degli agenti atmosferici. Facile comunque pensare ad una opera di provenienza veneta. Le statue ci ricordano assai da vicino quelle che ornavano le ville della riviera veneta e tutte le costruzioni signorili che punteggiano ancora oggi la pianura della regione e noi confinante. Siamo nel XVIII secolo e i Tesini sia come pastori che come distributori di stampe conoscono molto bene gli spazi veneti  che lo percorrono passo passo avendo tutto il tempo per osservare ed affinare i loro gusti ammirando  le imponenti costruzioni che per i ricchi veneti costituiscono luoghi di riposo e di villeggiatura. E’ proprio in questo secolo che prende sempre più importanza la loro storia di uomini che camminano per le vie del mondo con le stampe dei Remondini, che erano diventati fornitori dei Tesini e che già avevano aperto in Piazza Maggiore il loro magazzino. Non ci sono testi scritti che riportino una motivazione sul perché della scelta di mettere queste statue. Da documenti trovati nell’archivio comunale risulta però un elenco di spese abbastanza ingenti sostenute  dalla Comunità tesina per trasportare queste statue da Bassano fino a Pieve: il documento non ci dice dove furono scolpite e non si sa neppure se furono comperate di seconda mano. Carri e buoi furono impiegati da Bassano, lungo la strada che costeggia il Brenta e accompagnati fino a Pieve, ultima destinazione, da un “maestro” che aveva il compito di sorvegliare come avveniva il trasporto. Informazione importante è quella che si viene a sapere e cioè che la Comunità versò ad Antonio Remondini il saldo dell’opera, denaro che lui aveva già anticipato. Anche questo sta a dimostrare il grande rapporto di stima e fiducia che si era venuto a stabilire tra i Tesini e gli stampatori bassanesi.